Una settimana lavorativa di 4 giorni potrebbe veramente generare una forza lavoro più motivata, soddisfatta e contribuire ad un miglioramento generale della salute e del benessere dei lavoratori?
Sembrerebbe di sì!
La pandemia ha accelerato lo slancio di diverse tendenze ed iniziative che riguardano la vita in azienda, alcune più innovative altre invece con uno sguardo al passato.
Dal lavoro a distanza, comunemente (e forse erroneamente) chiamato “smartworking” sino al fenomeno di cui vi parleremo in questo articolo: la settimana lavorativa di 4 giorni.
In tutto il mondo sono in corso numerosi altri esperimenti al riguardo, in Spagna ad esempio, il governo ha approvato la sperimentazione di un progetto pilota per ridurre l’orario lavorativo dei dipendenti per le aziende che intenderanno partecipare, senza diminuirne lo stipendio e con gli setti benefit di un classico contratto full time.
Si tratta di una proposta promossa dal partito minore Mas Pais, che potrebbe coinvolgere circa 200 aziende. Per incentivare le società a prendere parte alla sperimentazione, il governo coprirebbe i costi della riduzione degli orari lavorativi per 3 anni con i seguenti valori: al 100% il primo anno, al 50% il secondo anno e al 33% il terzo anno (fonte: www.startingfinance.com – Marzo 2021).
Altro esempio di Aziende che iniziano ad approcciarsi a questo sistema arriva da UNILEVER, il gigante dei beni di consumo che concederà al personale operativo in Nuova Zelanda la possibilità di ridurre le proprie ore del 20% senza danneggiare lo stipendio.
Le “prove generali” di quest’ultimo trend si sono tenute in Islanda e sono state un successo importante sotto diversi aspetti tanto che la notizia ha fatto il giro del mondo e potete ritrovarla su diverse testate giornalistiche.
Al termine di questa esperienza, molti lavoratori hanno deciso di passare definitivamente a questa nuova forma di “settimana lavorativa ridotta”.
Secondo quanto comunicato dalla Bbc, il periodo di prova in cui i lavoratori sono stati pagati allo stesso importo per orari di lavoro più brevi, si è svolto tra il 2015 e il 2019. I ricercatori chiamati in causa hanno constatato che la produttività è rimasta invariata se non addirittura migliorata nella maggior parte dei casi.
In Islanda, i processi legati a questa nuova forma di orario lavorativo erano gestiti dal consiglio comunale di Reykjavík e supervisionati dal Governo Nazionale arrivando a comprendere più di 2.500 lavoratori che ammontano a circa l’1% della popolazione attiva islandese.
Hanno partecipato una serie di luoghi di lavoro, tra cui scuole materne, uffici, fornitori di servizi sociali e ospedali.
“Il viaggio della settimana lavorativa islandese più breve, ci dice che non solo è possibile lavorare meno in tempi moderni, ma anche che quel cambiamento progressivo è possibile”.
Molti degli interessati sono passati da una settimana di 40 ore a una settimana di 35 o 36 ore lavorative secondo quanto scritto dall’Association for Sustainable Democracy (Alda) in Islanda.
Gli studi hanno portato i sindacati a rinegoziare i modelli di lavoro e ora l’86% della forza lavoro islandese si è concentrata su orari più brevi con la stessa retribuzione.
I lavoratori hanno riferito di sentirsi meno stressati, affermato che il loro equilibrio tra salute e vita privata è migliorato.
Hanno anche riferito di avere più tempo da trascorrere con le loro famiglie, fare hobby e dedicarsi alla quotidianità domestica.
E in Italia?
La maggior parte dei lavoratori italiani, circa il 57,8% è favorevole ad una settimana lavorativa di quattro giorni, nel caso fosse possibile optare per tale scelta.
A dircelo è lo studio “Workforce View 2019” di ADP, società attiva nelle soluzioni di human capital management, che ha intervistato circa 1.400 dipendenti italiani (10 mila in tutta Europa).
Molti tra i sostenitori della settimana lavorativa di 4 giorni, vedono in questo nuovo sistema una soluzione ed una possibilità per chi dopo questo periodo difficile è rimasto senza lavoro tanto che alcune aziende stanno implementando il personale con nuove assunzioni a tempo ridotto.
In Italia questo sistema è già una realtà come ad esempio la società di head hunting, Carter & Benson di Milano che dal Gennaio 2020 ha introdotto la settimana lavorativa da 4 giorni.
I 30 dipendenti possono lavorare solo 4 giorni a settimana, hanno ferie libere e la possibilità di fare sport in orario di lavoro, per un paio di volte alla settimana, fermo restano lo stipendio, i benefit e gli obbiettivi aziendali.
Il Ceo della società, Griffini si è espresso cosi: “il nuovo modello sta avendo ricadute positive sia sui dipendenti che godono di un maggior equilibrio tra vita privata e lavoro, che sulla qualità dei servizi dell’azienda” (fonte: www.benessereconomico.it).
Si fa sempre più concreto il pensiero che con tale modalità aumenta la soddisfazione dei dipendenti e migliorano le prestazioni lavorative.
È importante avere più tempo a disposizione per ogni famiglia, per prendersi cura dei bambini piccoli o dei genitori anziani gestendo al meglio anche l’assistenza con gli operatori sanitari.
In tutto ciò, una cosa è evidente, negli anni abbiamo assistito ad una cattiva distribuzione delle ore di lavoro indipendentemente dal contesto lavorativo.
Questo fenomeno ha sicuramente penalizzati l’equilibrio psico-fisico dei lavoratori e questo attore ci interessa da vicino.
Se parliamo di ore lavorative dobbiamo considerare anche i relativi momenti di pausa, giusto?
Indovinate quale di questi è spesso poco considerato se non addirittura mal gestito?
La pausa pranzo.
Spesso e volentieri gli impiegati hanno preferito pause brevi, in alcuni non oltre i 30 minuti, consumando qualcosa di frugale, magari un solo tramezzino senza togliere lo sguardo dal loro pc.
Le donne, mamme, anche loro con orari elastici hanno preferito ridurre la pausa pranzo per poter rincasare prima dovendosi adeguare alla chiusura pomeridiana di asili e doposcuola
In altri casi vi erano e se ben poche, pause pranzo lunghe che prevedono il rientro a casa o lo stazionamento in bar piuttosto che self service per far passare il tempo, creando noia e stress nella maggior parte dei lavoratori che al rientro al lavoro nel pomeriggio sono assonnati e poco lucidi a discapito di resa e performance lavorative.
Questo ha portato anche a distaccarsi comunicativamente da colleghi e collaboratori, a dover sempre entrare ed uscire di corsa dal posto di lavoro, per consumare pasti fuori sede.
Oggi, anche se si protende verso un nuovo concetto di pausa pranzo, ciò non significa che si debba divorare velocemente solo un tramezzino oppure un’insalata senza neppure scambiarsi una parola, senza smettere di lavorare, modalità che separa e ci fa sentire a volte soli sul posto di lavoro!
Noi di Deasy Kitchen vogliamo riportare in azienda “il gusto della pausa pranzo” sia in termini di condivisione, dialogo tra colleghi e collaboratori, che in termini di piatti e di servizio.
Siamo sempre in prima linea e consapevoli che la pausa pranzo sta vivendo un momento di grande trasformazione, diventando sempre più healthy e di qualità.
Le aziende avranno sempre di più bisogno di offrire una pausa pranzo sana ed equilibrata ai propri dipendenti e noi saremo lì, pronti a servirle.
Così come i lavoratori chiederanno e apprezzeranno sempre di più un’offerta di qualità e smart per le loro pause pranzo.
Vogliamo fare in modo che questo momento delicato, anche in un orario breve magari all’interno della settimana lavorativa di 4 giorni, sia riportato ad essere quell’esperienza di relax e benessere per tutti, sia da un punto di vista qualitativo, sia per i risvolti positivi sulla nostra produttività e motivazione.
Abbiamo fatto una promessa ai nostri clienti e potete star certi che la manterremo!
Siete curiosi di provare i nostri servizi e concedervi finalmente la pausa pranzo che meritate?
Benissimo, compilate il form ed approfittate della nostra ultima offerta 😉
Grazie dell’attenzione, a presto!
Lo staff di Deasy Kitchen